Il maialibro (titolo originale “Piggybook”) è stato pubblicato per la prima volta nel 1986…
Il maialibro di Anthony Browne, Kalandraka
È interessante considerare come già negli anni ’80 Anthony Browne, illustratore e autore tra i più importanti nel panorama attuale della letteratura per l’infanzia, abbia pensato a un progetto editoriale che scardinasse uno dei più classici stereotipi, ossia il ruolo della donna come angelo del focolare, che cucina, pulisce e “serve” marito e figli mentre loro vivono la loro importante vita, talmente rilevante e significativo da non avere il tempo di togliere un piatto da tavola oppure di preparare la cena.
Trovo molto stimolante questo albo per diversi fattori:
– perché l’autore è un uomo: la prospettiva maschile per un ribaltamento del ruolo della donna nella vita familiare apporta spunti diversi nell’ambito della discussione sugli stereotipi e in particolare nella dimensione educativa che può assumere un albo illustrato;
– per la potenza delle illustrazioni, che ci fanno guardare con vergogna le azioni dei protagonisti maschili della storia.
In questo albo illustrato ritroviamo gli elementi ricorrenti di Anthony Browne: il forte legame tra i protagonisti delle sue storie e gli animali nonché la apparente normalità dell’ambiente domestico in cui si svolge il racconto, che sebbene familiare, nasconde o racconta altro.
Altro aspetto che colpisce in questo albo è la scelta cromatica delle tavole illustrative, che si accorda al testo e alla sensazione che si vuole trasmettere: colori accesi per i protagonisti maschili e color seppia, quasi in penombra, per la madre.
Poi all’improvviso, la svolta: da quel foglietto di addio dove si esprime in tre parole tutta la stanchezza, la rabbia, il senso di ingiustizia di quella quotidianità subita e non voluta.
Ed ecco che noi vediamo i tre uomini e tutto ciò che li circonda con gli occhi della donna: tre maiali e tutto ciò che la circonda assume queste sembianze, anche le mensole, la carta da parati…
L’assenza della mamma fa render loro conto della essenzialità della stessa per la loro quotidianità.
C’è il lieto fine?
Sì, come sempre nelle storie di Browne, che però in questo caso specifico assume un diverso sapore: mostrare una quotidianità differente, più bilanciata e più soddisfacente per tutti.
Lucia